TEMA HORROR

Erano le due di notte quando il telefono iniziò a squillare. Chiamai mamma e papà ma subito mi ricordai che, per un’emergenza, erano dovuti andare dai nonni.

Sollevai la cornetta e aspettai che qualcuno parlasse, ma nessuno rispose. All’ inizio pensai subito ad uno scherzo telefonico, quindi riattaccai. Girai i tacchi e ritornai nel mio letto, ma prima che mi coricassi il telefono ricominciò a squillare.

Rialzai la cornetta e stavolta risposi:”Pronto?”.

Una voce roca e scura rispose, un suono che mi fece gelare il sangue, una voce che non avrei mai dimenticato. “Ciao piccolo, come stai? Mi sei tanto mancato, da quando ti sei trasferito con la tua famiglia, ho dovuto seguirti e osservare ogni tua piccola mossa …”.

Mi affrettai a rispondere:”Chi sei, perché mi perseguiti?!”

Sussultai un momento, quel mostro mi stava torturando da più di due anni, e adesso che potevo avere una vita, lui era qui, magari anche ad osservarmi.

“Dove sei, come hai fatto a trovarmi?”, ormai l’adrenalina era in circolo, e il mio cuore stava per crollare.

Un rumore di piatti mi attirò, proveniente dalla cucina. “Scusa, doveva essere una sorpresa.” “Aspetta, che cosa doveva essere una sorpresa...”Non mi lasciò finire la frase che si mise a ridere,una risata maligna, non umana. Il telefono smise di parlare, intanto una corsa frenetica fece muovere tutte le stoviglie, quando lo vidi girare l’angolo. Me lo ritrovai davanti, sorridente. Iniziò ad aprire la bocca, mostrandomi dei denti lunghissimi e affilati, con un sacco di bava attaccata. Il mostro non aveva ne occhi, ne naso.

Il mio respiro si fece più affannato, iniziai a correre.

La mia vita era in pericolo, io ero la preda e lui il cacciatore.

Mi voltai, ce l’avevo alle calcagne, lo vidi estrarre un coltello e lanciarlo verso di me, intanto trovai in fondo al corridoio il pomello di una porta, la aprii e subito rientrai e la richiusi a chiave. Mi appoggia alla porta, un fruscio mi accarezzò il viso, girai lentamente la faccia e vidi il coltello a un centimetro dal mio viso, mentre una piccola ciocca di capelli cadeva a terra.

Non era possibile. Corsi dall’altro lato della stanza, mi accostai al muro.

Nel buio vidi girare da solo il pomello della porta, mi tappai la bocca con la mano, mentre un filo di luce di luce entrava dalla porta ormai aperta.

Entrò e inciampò su uno dei miei giocattoli, da lì mi si accese una lampadina. Essendo cieco lui non mi può vedere, quindi se resto zitto mi potrebbe pensare morto. Rimasi fermo come un albero e pregai che non mi succedesse niente di niente.

Intanto il mostro si ritrovava in piedi davanti a me, iniziò a camminare, il suo piede mi sfiorò la mano, la scostai, ma nel muoverla schiacciai contro il mio corpo uno di quei peluche che schiacciandoli fanno rumori divertenti. Il mostro se ne accorse, piombò addosso a me, i nostri visi erano più che vicini, e un solo movimento mi avrebbe portato a morte certa.

Iniziò ad aprire la bocca, che iniziò ad allargarsi, raggiungendo la misura esatta della mia faccia. Il fetore iniziò a diffondersi nella stanza e con la mano che mi tappava la bocca mi tappai anche il naso. Il suo viso iniziò ad allontanarsi dal mio, lasciandomi respirare, quando un rumore lo fece sussultare. Si incamminò fuori dalla stanza. Quello era il mio unico momento di salvezza. Mi alzai con calma e lo precedetti davanti alla porta che chiusi. Cercai di estrarre il coltello conficcato nel legno. Un verso furioso mi spaventò, mentre, con tutta la forza che avevo tolsi finalmente il coltello, lo presi per l’impugnatura e mi nascosi. Il mostro camminava nel corridoio. Appena vidi la sua ombra uscii dal mio nascondiglio e cercai di impiantarglielo in gola, ma nessun corpo si ritrovò sotto la furia della mia lama, caddi a terra, il mostro iniziò a ridere. Nella fretta mi rigirai subito e vidi quella cosa piombarmi addosso con la bocca aperta emettendo un suono stridulo. Impugnai il coltello con tutte e due le mani, tenendo la mano ben ferma, gliela infilzai nel petto, con tutta la forza che avevo; il mostro emise molti gridi, di ogni genere, intanto lo spinsi via coi piedi. Mi misi sopra di lui, affondandogli di nuovo il coltello nel petto, schizzi di sangue mi arrivavano sulle mani e sulla fronte. Il mostro emise il suo ultimo respiro. Lasciai andare il coltello, mi alzai e sentii la porta aprirsi. Mamma e papà erano a casa, iniziai a correre verso di loro, li abbracciai più forte che potevo.

Intanto la mamma emise un grido di terrore. “Hai visto, ho ucciso il mostro, l’ho ucciso, ora non ci darà mai più fastidio!”. Mamma mi allontanò e si mise a correre verso il mostro, papà pure. Dicevano in coro un nome, Thomas.

Mi avvicinai al mostro, lo guardai bene in faccia, mi misi una mano sulla bocca e indietreggiai lentamente. Mamma in lacrime alzò la testa e mi chiese:”Perché hai ucciso tuo fratello, perché?”...

CampoliMarta

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