sei in Istituto Comprensivo - Di Vona - indirizzo umanistico - corso M - a.s. 08-09 - pagine delle attività
Mercoledì 29 aprile la 2M, accompagnata dai prof. Esposto, Giardina, Dragonetti e da una guida prenotata,è andata a visitare la chiesa di S. Maria presso S. Satiro, quella di S. Maria delle Grazie e il Cenacolo di Leonardo da Vinci.
Le fondamenta della chiesa di S. Maria presso S. Satiro sono molto antiche, perché risalgono addirittura all’ VIII ° secolo, sono costituite da una piccola cappella voluta dal vescovo Ansperto in onore di San Satiro, fratello di San Ambrogio e dedicata alla Madonna.
La chiesa è costruita e decorata in stile rinascimentale, con l’arco a tutto tondo o a tutto sesto; i capitelli dei pilastri sono in stile corinzio, con varie decorazioni.
Nel 1242 un folle, Massanzio da Vigonzone, accoltellò l’immagine della Madonna, da cui pare sia sgorgato sangue vero. L’immagine miracolosa attirò pellegrini sempre più numerosi, per cui, due secoli dopo, Galeazzo Maria Sforza decise di far costruire un piccolo santuario per contenere l’immagine, appunto la chiesa attualmente visibile, che fu portato a termine dal suo successore, Ludovico il Moro, che affidò il progetto al Bramante, uno dei migliori architetti di quel tempo.
Il Bramante ampliò la chiesa, facendola diventare a croce greca con pianta centrale. Il problema, però, era la realizzazione dell'abside, perchè dietro alla chiesa c’era una via molto trafficata, via "Falcone",e le case presenti non si potevano abbattere, per cui il quarto braccio non poteva essere costruito in tutta la lunghezza progettata. Il Bramante fu costretto così a “simulare” la profondità dell'abside con la tecnica della prospettiva; aiutandosi con stucchi, diede anche un effetto tridimensionale alla pittura, così quando si entra nella chiesa si ha l’impressione che la parte absidale sia profonda almeno una decina di metri, mentre in realtà è profonda solo 90 cm. Se ci si avvicina all’altare lateralmente si nota molto bene tutto ciò. C'è anche un Battistero, costruito sempre dal Bramante.
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Ci siamo poi recati alla chiesa di S. Maria delle Grazie, la cui storia inizia un po’ prima di quella di S. Maria presso S. Satiro.
Nel luogo ove ora sorge la chiesa di S. Maria delle Grazie sorgeva, nel 1460, un borgo, chiamato appunto Borgo delle Grazie, che si trovava al di fuori delle mura di Milano, con accesso lungo l’attuale Via Magenta.
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In questo borgo si trovava anche il quartier generale di Gaspare Vimercati, capitano di ventura di Francesco Sforza, le cui truppe d’inverno erano alloggiate qui. Nel borgo c’era anche una piccola cappella dedicata alla Madonna delle Grazie. Questo terreno nel 1460 viene donato dal Vimercati all’ordine dei Domenicani, perché vi costruissero una chiesa ed un convento. I Domenicani pensavano a una chiesa molto sobria e semplice, mentre Vimercati, che voleva fare bella figura come mecenate ed aveva i fondi necessari, voleva una chiesa molto decorata. La chiesa venne costruita nel giro di vent’anni (1463 -1482) secondo gli ordini di Vimercati dagli architetti più in voga in quel momento, i Solari, che avevano uno stile di transizione tra gotico e rinascimentale, il tardo gotico lombardo, chiamato anche “solariano”. Usavano l’arco gotico e le decorazioni erano onnipresenti, ma c’erano anche alcune delle novità tipiche dell'architettura rinascimentale, come i capitelli delle colonne in stile corinzio e alcuni “opuli” sopra gli archi e sui pilastri, dove erano rappresentati i santi appartenenti all'ordine domenicano già in prospettiva.
Ludovico il Moro amava molto questa chiesa, voleva anzi che essa diventasse il mausoleo per lui e per la sua famiglia. Così com’era però non gli piaceva, la considerava troppo antiquata. Decise, quindi, di buttarla giù e di rifarla completamente solo dieci anni dopo dalla sua costruzione, affidando il lavoro al Bramante. In realtà, come si può vedere chiaramente, il grande architetto modificò soltanto il transetto e l’abside.
A quell’epoca gli architetti preferiva costruire le chiese a pianta centrale, quindi a croce greca o basate sul quadrato, mentre la Chiesa pensava che questo modello assomigliasse troppo a quello pagano e riteneva che la forma di croce latina fosse più adatta per una chiesa cattolica.
Ai lati dei due quadrati - dei quali uno rappresenta il presbiterio - si trovano le nicchie chiamate “Esedre”, perchè danno alla chiesa una forma simile a quella del quadrifoglio. Alcune decorazioni sono realizzate con la tecnica del graffito, incidendo il muro per poi versarci nei piccoli solchi la grafite, che rimane poi “incastrata” nell’incisione e le dà il colore. I colori sono pochi: si ripetono il bianco, il nero, il restante è in cotto e una sua variante più chiara; tra gli elementi decorativi ci sono cerchi raggiati e pochi altri che si ripetono; le decorazioni sono molto stilizzate e semplici.
Il chiostro, anch’esso progettato dal Bramante, venne costruito durante la ristrutturazione della chiesa ed è ornato, al centro, da una piccola fontana con rane.
Ludovico il Moro si sposò con Beatrice d’Este, per interesse politico, avrebbe voluto sposare la sorella di Beatrice, Isabella, ma essa era già promessa sposa a Federico Gonzaga. Ludovico non prendeva alcuna decisione importante senza il consenso del suo astronomo, che decise che il giorno favorevole per il matrimonio era a gennaio. Beatrice ci mise quindici giorni ad arrivare a Milano portando una dote considerevole.
Ludovico aveva molte amanti, che però vennero mandate via da Beatrice.
Beatrice morì nel 1497 di parto - partorì un bambino morto - dopo aver danzato troppo tutta la sera precedente. Ludovico ordino a un architetto della famiglia Solari di costruire un monumento sepolcrale per Beatrice, ma nel 1499 i Francesi invasero Milano e Ludovico venne catturato, dopo aver tentato di fuggire travestendosi da soldato. Dopo la conquista i Francesi fecero riesumare i cadaveri - tra cui quello di Beatrice d’Este - perché vietarono le sepolture in chiesa. Da allora si dice che la salma di Beatrice d’Este sia ancora vicino alla chiesa.
La chiesa presenta alcune differenze di stile tra i vari punti: la facciata è la parte più antica, ed è stata costruita dalla famiglia Solari secondo uno schema tradizionale: le finestre ad arco acuto, gli opuli ciechi - perché sono murati - e un grande rosone al centro, schema ben definito presente in Lombardia dai tempi di San Ambrogio in poi. Il portale d’ingresso è però in stile diverso dal resto della facciataperchè fu costruito dal Bramante nello stesso periodo in cui si stava ricostruendo l’abside.
C’è, poi, la parte absidale e del transetto, chiaramente rinascimentale, perché costruita dal Bramante: qui si trovano le volte a botte e gli archi a tutto sesto.
Siamo, poi, andati a visitare il Cenacolo, la famosa pittura murale di Leonardo da Vinci, posta su una parete dell’ex refettorio della chiesa di S. Maria delle Grazie. Venne dipinto in circa quattro anni (1494- 1498) e fu commissionato da Ludovico il Moro, che aveva il patronato di questa chiesa. Il refettorio sembrò il luogo migliore, perché, i frati potessero durante la mensa riflettere sull’episodio.
A Leonardo non piaceva la tecnica dell’affresco, perché era molto lento nell’esecuzione dei suoi lavori, mentre l’affresco richiede velocità di esecuzione, in quanto bisogna lavorare finché l’intonaco è fresco.
Leonardo, quindi, usò una tecnica diversa che però si rivelò disastrosa: preparò una base in gesso come per dipingere una tavola e usò i colori a olio e a tempera a secco. In questo modo il colore, anziché impregnarsi nell’intonaco e rimanervi dentro, rimase attaccato al muro come una pellicola. Per di più il dipinto era nel refettorio, confinante con la cucina, che emanavano umidità e calore, perciò il dipinto subì vari danni già cinquanta anni dopo il termine della sua esecuzione. In seguito quel locale venne usato anche per altri scopi (stalla, caserma per militari) che rovinarono moltissimo il dipinto.
Leonardo decise di usare la prospettiva centrale per eseguire il dipinto, con punto di fuga chiaramente identificabile sul volto di Cristo. Questa, però, è anche una prospettiva illusoria perché continua lo spazio reale del refettorio anche se più in alto. Egli voleva, attraverso questa prospettiva, dare ai frati l’idea di assistere realmente alla scena. Decise anche di non rappresentare il momento dell’Eucaristia, bensì il momento in cui Gesù rivela che uno degli apostoli lo tradirà. Leonardo non era molto religioso, ma era molto interessato alla psicologia delle persone, coglieva i “moti dell’animo” e li rappresentava attraverso le espressioni del viso e i movimenti. Nel caso del Cenacolo ha aggiunto anche un particolare: dagli artisti del tempo solitamente la figura di Giuda era rappresentata sempre in disparte, dall’altra parte del tavolo, mentre Leonardo decide di rappresentarlo in mezzo agli altri apostoli, con un borsello di soldi in una mano e vicino a lui una saliera rovesciata.
Leonardo ha rappresentato molto bene lo stato d’animo degli Apostoli, ciascuno sconcertato da ciò che Gesù aveva detto loro. Le uniche persone tranquille sono Gesù - che è rappresentato con un’espressione di accettazione e sottomissione e con le mani una rivolta verso l’alto e una verso il basso, a indicare che lui era in bilico tra la vita e la morte - e Giuda - che non si unisce ai discorsi degli apostoli pur essendo in mezzo a loro, perché sa di essere colpevole. Leonardo lo rappresenta con una tunica mezza verde e mezza blu, a indicare la sua doppiezza, nel momento in cui con una mano tenta di attingere al piatto di Gesù. Pietro viene rappresentato, come spesso, con il coltello in mano, perché, quando il Venerdì Santo Giuda arriva con gli sbirri a catturare Gesù, Pietro sfodera rabbiosamente la spada e taglia l’orecchio al Sommo Sacerdote. Da qui è nato il detto “Chi di spada ferisce, di spada perisce”. Nel dipinto di Leonardo il coltello di Pietro è rivolto verso San Bartolomeo, che morirà nel suo martirio scuoiato. Infatti viene spesso rappresentato con un lembo di pelle attaccato alla mano o appeso alle spalle. A fianco del Cenacolo, Leonardo rappresentò con la stessa tecnica del dipinto, le figure di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este, che però si sono completamente rovinate e staccate dal muro.
L’ultimo restauro durato vent’anni circa (1977 - 1999) è riuscito a recuperare anche i piedi degli apostoli, tranne quelli di Gesù, perché quando venne costruito il passaggio tra refettorio e cucina (ora murato) venne tagliata anche questa parte del dipinto, che è andata perduta. Prima del restauro il dipinto era molto più scuro e alcuni particolari sembrano diversi, come ad esempio la bocca di Gesù, che viene rappresentata aperta, perché ha appena finito di parlare, sembrava chiusa.
Il Cenacolo è famoso anche perché resistette assieme all’affresco della parete opposta (la “Crocifissione” del Montorfano) ai bombardamenti della 2a Guerra Mondiale. Per evitare il deterioramento ulteriore del dipinto dopo il restauro vennero realizzate una serie di protezioni, tra cui una serie di porte automatiche che si aprono e si chiudono, in modo che l’aria sia sempre depurata e si trovi costantemente nelle condizioni ottimali di temperatura. Inoltre vi si può accedere solo per un quarto d‘ora e in massimo venticinque persone.
Petru Lupsac - Milani Niccolò