IMMIGRATI

·        possono salutare la loro famiglia

·        possono scegliere il paese in cui vivranno

·        portano con i documenti

·        trovano lavoro

·        comunicano con i parenti

·        possono tornare indietro se si verificassero situazioni spiacevoli

 

 

RIFUGIATI

 

 

 

I rifugiati, una volta arrivati nella nazione che li potrebbe ospitare, devono andare in questura, fare la domanda si protezione internazionale, a questa seguono l’identificazione e le verifiche e dalla verifica si passa alla verbalizzazione.

Se si viene accettati, per i primi 3 mesi non c’è diritto al lavoro, che si ha solo dopo 6 mesi.

Anche quando si ha il permesso con il diritto di lavoro si ha uno stipendio quasi inesistente che consiste in 300-400 euro al mese.

 

 

 

Abbiamo avuto una testimonianza del genocidio, da un uomo con madre tutsi e padre hutu.

Didier appartiene ad una famiglia molto benestante, composta da madre, padre, un fratello e due sorelline.

al tempo del genocidio lui e suo fratello andavano all’università.

il giorno dell’inizio della rivolta, lui, spinto dalla voglia di rivolta si sarebbe scagliato contro le persone di etnia tutsi, ma un suo amico gli fece notare che anche lui aveva origini tutsi ed era in pericolo; iniziarono i pestaggi e il padre di Didier, preoccupato, fece recuperare i figli dall’autista.

ma niente e nessuno poteva sottrarre i tutsi dal massacro.

Dopo la distruzione della casa, la madre e le sorelle cercarono rifugio nel bunker dell’abitazione e i fratelli si recarono da amici che, malgrado gli stretti legami, negarono  loro l’ospitalità, per paura di mettere in pericolo le proprie vite.

 

Didier  e il fratello non riescono a scappare; quando arrivano i militari e vengono portati in una cella sovraffollata…lui racconta: “quando siamo stati portati nella cella non c’era bagno, ma un angolo dove fare tutto, il cibo veniva somministrato sporadicamente, quando c’erano avanzi. al mattino ci risvegliavano col caffè, che consisteva in frustate date a caso ai prigionieri.

quando dovevano entrare nuovi prigionieri, buona parte della gente veniva ammazzata sulla riva del fiume a colpi di macete, per non sprecare munizioni.”

 Suo fratello, in un giorno nel quale i militari avevano abbassato la guardia per una manciata di secondi,  con tanta altra gente evade dalla cella e attraverso il fiume; è stato uno dei pochi fortunati che non venne ucciso dai colpi di fucile e non è morto annegato.

 

Didièr che non scappa perché troppo terrorizzato, viene in seguito liberato dal padre che riesce a corrompere una persona tanto importante da far liberare un tutsi.

 

Anni dopo, Didièr ritrova le sue due sorelle a Milano, che conducono una vita normale e hanno messo su famiglia.

Oggi vive con la madre, ha un lavoro e adesso conduce una vita come tante altre.

 

Video-testimonianze

 

 Le altre due testimonianze rispecchiavano cose atroci.

Alla donna durante lo scontro con gli hutu viene ucciso il figlio al quale viene appiccato fuoco.

Lei vorrebbe rimanere nel suo paese ma è costretta a scappare perché gli assassini premeditano per lei la stessa fine.

Un altro uomo, di mezz’età, racconta quanto sia stato difficile il cambiamento e che sente la mancanza dei suoi figli e della sua famiglia, anche a distanza di molto tempo.

La vita per lui è dura perché dice di non avere amici e uno stipendio abbastanza alto che gli consenta di portare in Italia i suoi bambini.

 

Matilde Ottaviano