Annamaria Samuelli è nata ad Arco il 9 giugno del 1943. Si è laureata in filosofia all’università cattolica di Milano e si è occupata della formazione e dell’aggiornamento degli insegnanti dei licei.
Nel 1995, in occasione dell’ottantesimo anniversario del Genocidio Armeno, ha curato l’edizione italiana della mostra di Armin Wegner. Samuelli è anche tra i fondatori del sito Gariwo che è dedicato ai giusti di tutto il mondo e fa parte del comitato per la foresta dei Giusti di Milano.
Annamaria Samuelli ha iniziato a interessarsi alla questione degli armeni dal momento in cui ha conosciuto e poi sposato Pietro (Bedros) Kuciukian. Suo marito ha scritto molti libri riguardo al Genocidio Armeno, raccontando l’esperienza di suo padre e della sua famiglia.
Martedì 3 aprile Annamaria Samuelli è venuta a parlare del genocidio armeno alla terza H e ad altre terze interessate all’argomento. La mia classe era però l’unica che sapeva già di questo genocidio in quanto sia la prof.ssa Montano che il sottoscritto ne avevamo parlato: viste le mie origini armene mi è stato chiesto di esporre una relazione sulla storia della mia famiglia.
L’incontro è iniziato chiarendo la definizione di genocidio: durante un genocidio sei ucciso non per quello che hai fatto ma per quello che sei.
Il Genocidio Armeno in particolare, a causa del negazionismo turco, non è stato subito definito tale: per anni non si è potuta usare questa definizione.
Una cosa che mi ha colpito molto è stata che, nel suo racconto, Annamaria Samuelli ha subito specificato che tutti i superstiti dei genocidi hanno raccontato pochissimo ai propri figli, a causa dell’orrore che hanno vissuto e che hanno cercato di dimenticare, invano.Quando ho chiesto a mia mamma di raccontarmi la storia della nostra famiglia lei non ha saputo dirmi molto, perché sua mamma, mia nonna, le aveva raccontato pochissimo e a sua volta i genitori di mia nonna, i miei bisnonni, le avevano raccontato pochissimo. Mi era spiaciuto avere poche notizie e ho pensato che i miei bisnonni fossero gli unici a non aver raccontato di questo accadimento ai propri figli: mi sbagliavo. In particolare mi ha colpito la testimonianza del figlio di Armin Wegner, Mischa Wegner, che in lacrime ha raccontato del dolore che prova a non aver mai parlato con suo padre, ora morto, unico testimone oculare del Genocidio Armeno. Mi ha colpito molto la frase in cui ha detto che i genitori devono parlare con i figli e che i figli devono chiedere ai genitori, perché un giorno poi non ci sarà più tempo per farlo. Mentre sentivo queste parole ho pensato che è stata una bella occasione dover fare la relazione che mi è stata chiesta perché è stato un modo per iniziare un discorso che altrimenti magari non avrei mai approfondito.
L’incontro si è centrato sulla storia genocidio: la rivendicazione da parte degli Armeni del riconoscimento dei propri diritti ha scatenato la rabbia e la violenza del governo dei Giovani Turchi che ha iniziato il massacro della popolazione armena, inizialmente mascherandolo da deportazione. Gli uomini e i ragazzi sono stati i primi ad essere uccisi: il governo turco, fingendodi chiamarli per il servizio militare, li portava lontano da casa e li uccideva gettando i corpi in fosse comuni. I Giovani Turchi, animati da un acceso nazionalismo, volevano eliminare ogni minoranza etnica, per realizzare una “Grande Turchia”, interamente “turca”.
Anche se era un argomento che in parte conoscevo già, è stato molto interessante per come è stato esposto e trattato.
Altro tema dell’incontro è stato quello dei giusti: ne avevamo già parlato in classe a proposito della Shoah. I giusti sono quelle persone che sono state capaci di opporsi al regime, aiutando i perseguitati e mettendo a rischio la loro stessa vita.
A proposito dei giusti, questa è la definizione che ho trovato nel sito Gariwo.net: “Ciò che conta è la capacità di ascoltare la propria coscienza, di difendere il principio di umanità al di là dei condizionamenti ideologici, religiosi, politici, o etnici, sociali e culturali.”
Per spiegarci meglio la figura dei giusti ci ha raccontato la storia del nonno di suo marito, armeno,che era stato salvato da un suo amico, turco, il quale,fingendo di essersi impossessato della casa dell’amico, disse ai turchi che lì non c’era più nessun armeno mentre in verità tutta la famiglia era nascosta in cantina.
Da poco tempo è stato costruito un muro a Yerevan, un memoriale dei giusti. Lì sono state deposte tutte le ceneri dei giusti trovati e ancora oggi ne vengono cercate; anche Bedros Kuciukian si è preso l’incarico di trovare i giusti morti e di deporre le loro ceneri, se i familiari vogliono, nel memoriale di Yerevan.
Frai giusti le cui ceneri sono state deposte a Yerevan, particolare importanza ha Armin Wegner che, pur essendo tedesco, ha messo a rischio la propria vita per documentare con fotografie e filmati le atrocità commesse contro gli Armeni. Per fare questo si è anche introdotto nei ghetti e nei campi di concentramento, nascondendo come poteva l’ingombrante attrezzatura, malgrado fosse rigidamente proibito e altamente sconsigliato a causa delle letali epidemie presenti in questi luoghi. Riuscì a salvare le foto scattate (più di 50), anche quando venne scoperto e rimandato in Germania (non venne incarcerato o giustiziato in Turchia, in quanto apparteneva ad una famigliatedesca molto importante). In Germania, alcuni anni dopo, vedendo che Hitler stava iniziando la persecuzione ai danni degli ebrei utilizzando gli stessi metodi utilizzati dai Giovani Turchi, scrisse una lettera al Fuhrer, pregandolo di non commettere lo stesso errore. In seguito a questa lettera venne arrestato e rinchiuso in un campo di concentramento, da cui venne fatto uscire in quanto era di nobile famiglia. Scappò in Italia, dove passò il resto della sua vita, tra Roma e Stromboli. Suo figlio ricorda le urla del padre nella notte, che per lui erano diventate normali. Armin Wegner è morto a 92 anni.
Alla fine dell’incontro ci è stato mostrato il video con le foto di Wegner e l’intervista al figlio e, in conclusione, alcune belle foto scattate da Samuelli duranteun suo viaggioin Armenia: abbiamo visto alcuni paesaggi con il monte Ararat (ora in Turchia), alcune antiche basiliche e la processione che ogni anno viene fatta a Yerevan in memoria del genocidio (24 aprile). In questa processione ogni persona porta due fiori: uno per la patria e uno per i propri defunti.
Pietro Forino 3H